Monthly Archives: July 2015

Immagine

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Il bianco del foglio oltre le parole,

intorno alle lettere,

compone un disegno magico

che non riusciamo a cogliere,

persi nello scritto, nella frase, nel tutto.

Io

sono quel bianco irreale e scomposto,

difficile da intuire,

faticoso da ricordare,

impercettibile agli occhi degli altri.

I bambini che eravamo

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Anna era piccina e aveva le guance paffute; portava i capelli a caschetto trattenuti di lato da una molletta minuscola – tre fiorellini di plastica azzurra – e indossava gonne a pieghe. Aveva occhi sorridenti e un lieve broncio, sempre. Una delle contraddizioni che portava con sé: sognava un futuro scoppiettante ma ne programmava uno ordinato, tranquillo. Matteo era un poeta: riccioli castani dispettosi rallegravano il suo essere “a modino”. Voleva diventare astronauta e scoprire galassie. Era educato e gentile, silenzioso ma allegro e generoso; aveva pochi, fidati, amici. Carlotta chiedeva a Babbo Natale trattori e fucili; si arrampicava sugli alberi e disegnava con talento ponti e grattacieli; sognava una fattoria, piante di frutta e animali da cortile. Era indipendente e luminosa. Marta si specchiava spesso: sfilava per gioco, con gli abiti della mamma aggiustati alla meglio; organizzava merende e piccole feste in cortile. Non aveva un carattere accomodante ma le si voleva bene lo stesso, conquistati dal suo fascino acerbo. Fabio era un pericolo pubblico: si era ustionato due dita della mano destra giocando al Piccolo Chimico. Incideva il legno e vendicava i torti altrui. Gli altri bambini lo rispettavano e lo temevano: forse lo rispettavano perché lo temevano. Guglielmo viveva in simbiosi con la sua bicicletta rossa; era snello e agile, eccelleva in tutte le attività sportive e ne andava fiero. Voleva diventare un campione, anche se ancora non aveva deciso quale fosse la disciplina più adatta a lui. Nel dubbio si cimentava in attività ginniche varie, rischiando cadute e fratture. Rocco era studioso e riservato. La mamma gli imponeva logoranti e noiosi esercizi al pianoforte: pensare che il suo sogno era diventare uno scienziato per trovare un rimedio ai Grandi Mali del mondo. La musica non era una sua passione ma ne accettava di buon grado lo studio, senza ribellarsi. Eravamo comunque bambini felici. Il futuro allora era lontanissimo, i pensieri sempre leggeri, le estati fresche. Le notti, colorate e serene.

“Sarebbe bello parlare con i bambini che eravamo e chiedere loro cosa ne pensano degli adulti che siamo diventati” (cit.)

Mare

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da “La Repubblica.it”

un attimo di piccola felicità

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Stamattina, sveglia presto. In realtà, ha dormito poco e non bene; o meglio, è stata una notte di sonno interrotto, costellata di brevi e ripetuti risvegli. Non appena il cielo si è illuminato di luce azzurra, ha spalancato le finestre: l’aria è ancora fresca, gradevole, mossa. Una doccia fresca e il pensiero di come riempire la giornata. La famiglia è in vacanza al mare, troppo lontana per raggiungerla con un’improvvisata. Si è vestito comodo e ha recuperato la bici. Le strade sono deserte: la città ancora sonnecchia. Si dirige verso il parco, lunghi viali alberati che regalano l’estate vera, desiderata, fatta di colori accesi e caldo sano. Si ferma al piccolo chiosco circondato da tavolini e seggiole di legno chiaro, riuniti a piccoli gruppi. Si accomoda. Ordina una colazione esagerata – pranzerà tardissimo – e recupera un quotidiano non ancora sgualcito. Probabilmente è il primo a sfogliarlo. Non sa come, ma anche questo piccolo piacere lo rallegra. Che sarà poi della sua giornata? Non lo sa e non ci pensa. Si gode l’attimo, un attimo di piccola, incredibile, intensa, felicità.

… e se?

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una richiesta

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“Insegnami a scordarmi di pensare”  – William Shakespeare

bella musica, musica bella

Davanti ad un aperitivo …

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Davanti ad un aperitivo analcolico e colorato, chiacchieravo stamattina con un amico. Da tempo non ci si trovava e dovevamo aggiornarci a vicenda sugli accadimenti degli ultimi anni. Al suo turno (di solito, in queste occasioni, non mi trattengo e comincio io), ha esordito confessando insoddisfazione e malinconia. La sensazione che, ad un certo punto della vita, gli anni corrano più veloci del solito e ci si adegui al loro ritmo senza riuscire ad opporre resistenza. Che è anche vero, in effetti. Ma il mio amico parlava di “inconcludenze”: deluso, sente di aver realizzato pochi dei suoi sogni e di aver rallentato molto. Pensava di poter morsicare la vita, assaggiando qua e là e saziandosi del cibo migliore e invece si è trovato a fare i conti con un succedersi lento ed inevitabile di fatti, cose, tempi. Ora, mi diceva, si sente troppo oltre. Oltre l’età giusta per osare, per trasgredire, per combattere, per godere. Lo sfogo malinconico è durato pochi attimi, forse meno di quelli che ho impiegato io per scriverne. Poi, con sorriso aperto e voce allegra, mi ha raccontato della sua famiglia (tre figli sereni e una moglie dolce), del lavoro (che comunque ama e lo appaga), delle passioni che riempiono il suo tempo libero (sport, fotografia, musica). Ho sorriso con lui e insieme abbiamo convenuto che vive una vita piena e felice, che ha pochi e banali problemi, che la salute non manca. Nessuna difficoltà economica. Non assume ansiolitici e la notte dorme sonni tranquilli, caldo permettendo. Ora, ci siamo chiesti entrambi, non c’è forse di che essere soddisfatti? Di sentirsi realizzati, compiuti, vincitori? Sì, sicuramente sì. Abbiamo costruito bene e molto; raggiunto traguardi che per alcuni sono purtroppo un miraggio. La sorte non ci ha giocato contro e abbiamo ancora molto altro ad attenderci. Assolviamoci.

 

Piccoli cambiamenti cercasi

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Conosco uomini (e donne) che considerano inevitabilmente monotone le loro giornate. Gli stessi orari, le stesse faccende, i medesimi appuntamenti, i soliti amici. L’abitudine conforta e rassicura, è un bozzolo protettivo: perché abbandonarlo? Ieri invece un’amica mi ha raccontato della sue personale rivoluzione.  Dopo un lungo periodo – faticoso e travagliato – aveva cercato e trovato un po’ di pace e di serenità. Si è, in sostanza, regalata un fermo immagine durato anni. Poi, una mattina, indugiando a letto per qualche minuto, si è scoperta annoiata, vincolata in giornate sempre uguali. Anche nelle piccole cose, i suoi gesti erano identici da tanto tempo. Così si è inventata una “rivoluzione lenta”: niente stravolgimenti o stravaganze, nessun cambio d’immagine o di guardaroba. Ha solo introdotto ogni giorno qualche modifica alla sua routine. Esempi? Ha sostituito gli ingredienti della prima colazione, spostato il tavolo da pranzo,  cercato e trovato percorsi alternativi per raggiungere l’ufficio, cambiato parcheggio, ha rintracciato amici e amiche che non vedeva da tempo. Ogni domenica ora assiste alle funzioni religiose in una chiesa diversa della sua città. Quando acquista un libro, sceglie ad occhi chiusi nella sezione “novità” della libreria (velocemente, perché nessuno la noti). E per la prima volta in vita sua, andrà in vacanza – sola –  in crociera. Nessuno si è accorto della sua personale rivoluzione e,  prima che a me, pare non ne abbia fatto parola. Confesso che il suo racconto mi ha divertito e intenerito. Confesso anche che stamattina, a colazione, ho mangiato yogurt e cereali. Per la prima volta.

Wimbledon

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In tv, Wimbledon, mitico tennis su erba. Non sono una giocatrice – il tennis è uno dei tanti sport che “non” pratico – ma con estremo piacere seguo le gare sul piccolo schermo. Gare lunghe, lente, senza colpi di scena che non siano le performance a volte inattese dei protagonisti.  Eppure, gare ricche di tensione, avvincenti e coinvolgenti. Forse un po’ simili alla vita di molti. Lo stesso campo, segnato da confini ben definiti e non oltrepassabili. Erba compatta, uniforme, qua e là un po’ consumata dall’uso. Pubblico immobile ma presente e attento che giudica, applaude e all’occorrenza critica ma senza troppo scomporsi. E i giocatori, i tennisti, in gara perenne; i loro gesti atletici, la resistenza, la stanchezza da combattere. Non si molla, non si può mollare in questo valzer lento sottofondo di tante giornate. Colpo dopo colpo, punto su punto, si perde terreno e si riguadagna, si capovolgono situazioni, si riacciuffa l’obiettivo con la tenacia, l’impegno, a volte con la fantasia, spesso con la bravura. Si suda, ci si stanca, a volte si cade pure, ma non ci si arrende mai. A volte si vince, a volte si perde, senza drammi.

Mi piace, il tennis.