Mi basta l’aria

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Un racconto di Marina Sangiorgi.

Marina Sangiorgi è una mia amica. Anche per questo motivo mi sento una privilegiata. La frequento, le parlo, posso dire “io la conosco” sapendo di non mentire. Marina è una scrittrice bravissima. E non lo dico solo io, influenzata dalla conoscenza personale. Lo dicono scrittori, giornalisti, editori. La sua scrittura non si scorda. Ho già pubblicato cose sue ma se vi sono sfuggite o se non credete alle mie parole, leggete quest’altro suo racconto che mi ha concesso di pubblicare.

 

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“Se fossi Dio non metterei alla gente le piaghe nel petto, non l’appenderei alle croci coi chiodi a mani e piedi. Se fossi Dio darei a tutti una lunga vita infinita senza strappi e tagli e ferite. Darei rose senza spine, rose e gigli, profumati, colorati, ai miei figli.

Da fine maggio alzo gli occhi andando, e ho visto finalmente che il cielo è così bello, l’azzurro del cielo, le nuvole, l’azzurro e il bianco, e il calore del sole sulla schiena e le braccia.

Non ho ringraziato abbastanza per i tramonti in fondo alla via Emilia e i platani del viale della stazione, i loro tronchi bianchi. L’importante, nella vita, la cosa veramente importante, è l’aria sulla faccia. Sentire l’aria sulla faccia. Socchiudo gli occhi, l’aria e basta, pura e semplice, l’aria sulla faccia in bicicletta, quell’aria a tratti sulla faccia mentre cammino la sera.

Non sono mai stata male. Prima. Prima di adesso. Credevo di essere stata male. L’anno della supplenza ho pianto tutti i giorni, ma non era quello stare male. I due licenziamenti in via Bondi, quei due pomeriggi di gran pianto sul divano. Non era quello star male, mi ricordo che il divano era strano e verde e i tigli dietro la finestra. Lui mi ha piantato su una panchina in fondo a via Corticella, piangevo con le amiche in via Varthema e andai a comprarmi una maglia da Coin. Non era poi veramente quello stare male. Mi ricordo dopo quel colloquio di lavoro a Ravenna, sentivo un tale freddo sulle gambe, sotto i jeans, sentivo quel fastidioso freddo e gelo sulle cosce sotto i jeans e pensavo, credevo di stare male. Non stavo male. Non stavo poi così male. Ho pianto molto, da bambina in cima agli scivoli, nei bagni del 38, dopo quella cena di donne a San Luca, quel giorno che rimasi a sbobinare in via Mascarella, non mi ricordo nemmeno perché, – anzi mi ricordo, piangevo e non stavo ancora male.

Piansi disperatamente, lo lasciai e andai a prendere il treno, seduta alla stazione guardavo i binari, i prati, la luce rosa del mondo, stavo male e non poi così male.

Dio, ridammi la mia vita di fallimenti, il tepore dei ripetuti fallimenti della mia dolce vita.

Il medico mi ha chiesto se sento dei dolori. Se sento dolore. Lo sento.

Mi sembra di cominciare a sentire la ferita del dolore totale, perfetto, di me stessa, di ognuno, di tutti. Mi arriva l’eco del dolore dei continenti, del Purgatorio, dell’universo.

Aspetto il giudizio universale. Quando mi sarà ridato il mio corpo originale, autentico, vero. Rivoglio il mio corpo integrale, non un corpo aggiustato, artefatto, tagliuzzato e tumefatto. Lo voglio sano, non risanato. Il mio corpo puro e purificato. Che tenerezza per il mio povero corpo, il mio corpo tenerello, che ora che è malato, è bello.

Aspetto i secoli e i secondi che mi separano dal risalire dalla polvere, il tornare a essere, perché voglio la salute e la salvezza, voglio la libertà nella salvezza, la voglio ora e invece devo aspettare, vegliare nella notte per miliardi di secoli. I miliardi di secoli sono come un battito di ciglia, eppure i giorni sono lunghi come l’eternità, ogni giorno ho tutto il tempo di pensare, di soffrire, a questa morsa nel petto, questa tenaglia, il bisturi che mi taglia la carne.

Sto male e mi accorgo che l’aria è bella e gli alberi alla sera sono bellissimi, si imbrunano e le foglie si muovono all’aria leggera, e tutto è dolce, una meraviglia, una bellezza spropositata e immeritata. Mi piace tutto: i bambini nei passeggini, la musica, la gente, – ah la gente! ma li guardo abbastanza i visi, i sorrisi, le mani, le attaccature dei capelli? Dio, mi piace tutto! I sandali, le seggiole, le lampadine, il pavimento che scorre sotto i piedi, ogni momento, ogni andamento, oleandri e magliette e risate, le voci, il chiasso della vita, voglio restare per guardare, guardare ancora, guardare e basta. Ogni giorno è clamoroso, è un clamore di desiderio e amore, ogni giorno è tutto, e non voglio niente, non chiedo più niente, mi basta l’aria.”

5 responses to “Mi basta l’aria

  1. Pingback: Marina Sangiorgi, Un ricordo - Iris News

  2. MariaAdelaide Martegani

    E da ieri Marina non c’è più …. 😦

  3. Pingback: In ricordo di Marina SangiorgiRete Imola | Rete Imola

  4. TGioiellieri

    Ciao Marina

  5. Giorgia Biacca

    Lezione di vita….ognuno di noi deve fare tesoro di queste parole, tutti i giorni….l’importante è avere la consapevolezza e mordere la vita, ciao Marina

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